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Il delitto di diffamazione si distingue dall’ingiuria per alcuni aspetti rilevanti. Quest’ultima è un’offesa alla reputazione, proferita con frasi o singole parole che minano l’onore e il decoro di un soggetto che si trova vis-à-vis con l’agente. La diffamazione, invece, rileva tutte le volte in cui l’agente, rivolgendosi ad almeno altri due soggetti, offende la reputazione di un individuo che non è presente in quel momento.

La condotta di questo delitto consiste in una sorta di “cassa di risonanza” dell’offesa, aggravata, tra l’altro, nell’ipotesi in cui il reato venga commesso attraverso un mezzo di diffusione come la stampa o un social-network. Su quest’ultimo aspetto, tra le tante decisioni in materia, si è pronunciata recentemente la Corte di Cassazione in relazione a Facebook con la sentenza n. 10762/2022.

Nella suddetta pronuncia viene ribadito l’orientamento giurisprudenziale dominante che ritiene configurato il reato di diffamazione nel momento in cui viene danneggiata, anche solo potenzialmente, la reputazione di una persona determinata, individuata o individuabile. Per tale motivo, anche se non vengono menzionati espressamente il nome e il cognome, la condotta si realizza se si può agevolmente risalire all’identità del destinatario dell’offesa.

Se ne deduce che la persona lesa può essere determinata anche dalla prospettazione oggettiva dell’insulto, nonché dal contesto in cui è inserita la diffamazione. Dunque, nel caso in cui non vi siano riferimenti inequivoci su fatti e circostanze di notoria conoscenza attribuibili ad un determinato soggetto, l’offesa deve essere tale da consentire l’individuazione del destinatario con affidabile certezza.

Nel caso analizzato da questa recente pronuncia l’offesa, oltre ad essere riferita ad un soggetto determinabile, era aggravata dall’aver utilizzato quale mezzo di diffusione rilevante la bacheca Facebook: invero, in tale modo si può raggiungere, anche solo potenzialmente, un numero indeterminato di persone o, perlomeno, un numero qualitativamente apprezzabile delle medesime.

La giurisprudenza al momento esclude la sussistenza del delitto di diffamazione quando l’agente proferisce affermazioni generiche, riferibili ad una categoria di persone, anche se sono limitate. Al contrario, è sicuramente configurato il reato quando l’agente lede l’operato o la figura di un soggetto determinato, determinabile, o identificabile, ancorché attraverso le circostanze narrate, oggettive e soggettive, oppure attraverso i riferimenti personali e temporali.

Ogni situazione è diversa dalle altre ed è sicuramente preferibile richiedere la consulenza di un Avvocato al fine di qualificare giuridicamente un determinato fatto, così da valutare preventivamente se ci si trovi in presenza o meno di un determinato reato.

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