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La malattia professionale, così come definita dall’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, è una patologia contratta durante o tramite l’attività lavorativa, la cui causa agisce lentamente e progressivamente sull’organismo. Al fine di ottenere un risarcimento o un indennizzo è preferibile presentare un’istanza all’INAIL per il tramite di un Avvocato, al fine di ottenere il corretto riconoscimento economico attraverso i criteri di seguito individuati.

Il quadro normativo di riferimento per le malattie professionali è il D.P.R. del 30 giugno 1965, n. 1124, rubricato “Testo unico sull’assicurazione degli infortuni sul lavoro”, all’interno del quale l’art. 139 stabilisce che le patologie debbano essere indicate in apposite tabelle aggiornate ed approvate con Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro della Salute, sentito il Consiglio superiore di sanità.

Tale previsione, applicabile per il settore dell’industria e per il settore dell’agricoltura, richiede che la denuncia pervenga entro un determinato periodo di tempo, stabilito alla voce “periodo massimo di indennizzabilità”, dalla cessazione dell’attività rischiosa.

A ogni buon conto, sono malattie professionali anche quelle non specificatamente previste nei prospetti legislativi suddetti e, anzi, vi è una rilevante differenza probatoria tra le due categorie.

Nell’ambito del cosiddetto “sistema tabellare”, il lavoratore deve provare l’adibizione a lavorazione tabellata ma è sollevato dall’onere di dimostrare l’origine professionale della malattia. Per le malattie professionali non tabellate, invece, occorre che si dimostri il nesso causale tra l’attività svolta e la malattia.

Sul punto, però, è sufficiente che la prestazione lavorativa sia stata causa concorrente o prevalente, e non necessariamente esclusiva, al verificarsi della fisiologia. Al lavoratore o ai suoi eredi, tuttavia, rimane l’onere di dimostrare l’effettivo esercizio dell’attività che ha esposto al rischio o alla morte del danneggiato. Altresì ai fini della risarcibilità è sufficiente il cd. “rischio ambientale” applicabile quando la patologia si sia verificata ai danni di un lavoratore non specificatamente e direttamente addetto alle stesse mansioni nocive.

In altre parole, è degno di rilevanza il malessere scaturito da fattori ambientali o in ragione delle lavorazioni pericolose eseguite all’interno dell’ambito lavorativo.

Salvo prova contraria dell’INAIL, se ne deduce che ai fini risarcitori non viene valutato il fattore temporale di esposizione bensì la mera esposizione al rischio dal quale ne è derivato, dall’ambiente o dalla sua prestazione, la malattia o il decesso. Al fine di individuare insieme l’esatto iter da percorrere al fine di evitare una negazione di un Vostro diritto è preferibile l’assistenza di un Avvocato competente in materia.

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